De Mail Art: "scritti corsari"

 

Mail Art - microappunti


Con la pop-art il multiplo acquista una sua dignità; serigrafie e acqueforti già esistevano dignitosamente, ma con la pop-art non si tratta più di un’arte a latere della “Opera”, unica e irrepetibile.
Le Campbell’s Soup sono “l’Opera” e il fatto che siano una “stampa” con firma autografa le pongono comunque in un ambito diverso dai vecchi multipli, con tanto di quotazioni da “originale” e pieno appagamento della critica e del collezionista che le possiede.
La Mail Art, che ricicla tutto il possibile dal futurismo in poi, segue l’onda “popular” e la sviluppa dando la dignità di artista a chiunque produca qualcosa e lo trasmetta tramite il servizio postale.
L’arte non ha più bisogno del verbo, come nell’espressionismo astratto ove la spiegazione era parte dell’opera, ma esiste di per sé in quanto autonominatasi tale: “Mail Art”, appunto.
Il fiorire del network postale, soprattutto tra al fine degli anni ’70  e i primi anni ’80 del secolo scorso, apre la strada ad una produzione, se non proprio di massa, sicuramente molto più ampia del tradizionale circuito di artisti riconosciuti o aspiranti tali.
Il confine tra l’arte e la non-arte scompare in una sorta di consapevolezza Zen condivisa per cui “in un sasso c’è il mondo” ed ogni “cartolina postale” è un mezzo che consente di spiccare il volo verso l’infinito astratto delle idee.
Il mezzo “cartolina” non è assolutamente il messaggio, è semmai lo spalto da cui lanciarsi seguendo la flebile suggestione che esso contiene; scritto in soldoni alla Twitter: che la fantasia faccia il suo corso indipendentemente dalla qualità o pochezza della mail ricevuta.
Questo è un po’ il paradigma di tutta l’arte moderna, aperta e curiosa, che non rifiuta niente e tutto, trangugiandolo, propone a tutti.
Nell’ambito della Mail Art la dematerializzazione iniziò dai tempi dei primi Personal Computer, meno potenti e capaci dell’ultimo telefonino a da pochi euro di oggi (www.mail-art.it "Adenoidi").
Come scriveva il filosofo dell’epistemologia, il vecchio e il nuovo per molto convivono e sembrano avere pari dignità, così come le carrozze tirate dai cavalli convissero per anni con i primi macini con accensione a manovella… poi arriva il giorno in cui nessuno acquista più un calesse e restano solo le auto.
Complice nella attuale decadenza del “postato” lo è il servizio nazionale che fa di tutto per scoraggiare la filatelia e, con alti prezzi e orribili francobolli standard, di fatto non favorisce l’invio di “cartoline” con intento artistico, ma non è lì la vera origine del fenomeno.
Il network  è ormai La Rete, internet è il mezzo con cui comunicare nelle forme consentite dai monitor, ma con un ampio grado di libertà nell’aspetto del messaggio, quanto meno con l’analoga libertà consentita alle due dimensioni di una “cartolina”.
I vettori entro il mezzo digitale sono quasi infiniti: Twitter, Blog, Facebook,  W.App, Skype …
Si rischia dunque l’overflow, ovvero un eccesso di comunicazione che non si ha il tempo di utilizzare?
Mi pongo questa domanda, ma purtroppo già ne conosco la risposta:
in questo turbinio di messaggi in bottiglia si è sempre più soli ed è subito sera…


Gianni Romizi

 

 

Perché MAI L’ART?

Lancio nelle cassette postali cartoline hand-made come fossero bottiglie senza messaggio, perché diano il segno di chi le ha gettate.
Non attendo risposta, ma mi piace quando la posta arriva.
Non ci conosciamo, ne basterà una post card a spiegare chi siamo, ma il gesto c’è, e mostra attenzione e riguardo di chi trasmette sé agli altri…qualche parte di sé…stralci di sé…schizzi di sé…
La dimensione del network impedisce la conoscenza, ma garantisce l’appartenenza di ciascuno al gruppo che, immenso, gratuitamente dà calore :)

Perché MAI L’ART?


 “L’arte è una truffa prima di tutto!”


… da un’intervista a Marcel Duchamp.