SORRISO D'ACCIAIO
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Successe all'improvviso. Vidi un'enorme cosa grigia davanti a me
e poi piu' nientye, svenni. Mi svegliai al suono della
sirena di un'ambulanza, quella che mi stava trasportando.
Non aprii gli occhi, ascoltai le voci.
"Come si e' ridotto la faccia, guarda", disse uno.
"Questa non la rimettono a posto",disse un altro.
Che cazzo dicono, pensai.
"Guarda, questo pezzo non si muove", disse la prima voce.
Mi prese il mento e comincio' a tirarmi la mandibola verso
sinistra. Che cazzo stai facendo, pensai.
"E' incastrata", disse l'altro. "E qui deve aver sfondato
qualcosa nell'orecchio, sta colando un casino di sangue".
"Sembra la faccia di Braccio di Ferro".
"Ah-ah, se torna bene, ah-ah".
Aprii gli occhi di scatto.
"Brutti stronzi", farfugliai.
"Ehi, sta cercando di dire qualcosa", disse la prima voce.
Era un biondo sui vent'anni.
"Brutti stronzi",farfugliai ancora cercandon di essere piu'
chiaro. Sentii qualcosa cedermi sotto la lingua. Lo cercai e
lo sollevai con la lingua, lo misi tra le labbra e lo sputai.
"Ha sputato un altro dente", disse il biondo.
Cristo, pensai, e svenni.

Stetti un paio di settimane in ospedale. Mi rimisero in
sesto e mi chiusero la bocca infilandomi dei ferri nelle gen-
give e tirandoli fra loro con un filo metallico. Bocca chiusa
a denti stretti. Ma un po' di denti li avevo lasciati sulla
strada, e dalla finestra che lasciava nel mio sorriso d'ac-
ciacio passava il cibo liquido che tiravo su con una cannuc-
cia.
Eravamo in due nella mia camera con quel problema. Io e
un altro ragazzo, Andrea. Io mi ero schiantato contro un
camion parcheggiato sulla carreggiata, lui era caduto dal tetto,
di una casa di due piani mentra stava impiantando un'antenna.
Parlavamo a denti stretti. Era difficile capirci.
Una sera ci portarono il primo pasto dopo che ci avevavno
messo le feruole (non cercatele sul vocabolario, sono quei ferri
inj bocca).Andrea si sbrodolo' di brutto, la pappa gli colava
dalla bocca.
"Porfca puttana", disse, "NON MI PASSA! NON RIESCO A SUC-
CHIARE 'STA ROBA!". (Leggetelo a denti stretti).
Arrivo' sua madre. "Che c'e'? perche' urli?".
"Non posso mangiare", disse Andrea lamentandosi, " non mi
passa".
Su consiglio di una dottoressa la madre di Andrea comincio'
ad imboccarlo rovesciando il cucchiaino dalle parti degli ul-
timi molari. "La' in fondo ci dovrebbe essere un po' di spa-
zio" aveva detto la dottoressa. Poi la madre di Andrea trovo'
qualche parola di conforto anche per me. "Tu sei fortunato ad
avere perso quei denti", disse. "Di li' puoi mangiare quanto
vuoi".
Sono sempre stato un tipo fortunato. Due giorni prima di
essere dimesso sentii alla radio che stava per essere appro-
vata la legge che rendeva obbligatorio portare il casco. Ar-
rivano sempre in ritardo quei bastardi.

Dopo essere stato dimesso tenni le ferule per altri 30 gior-
ni. Persi 14 chili, da 83 a 69. Tornai a scuola e la profes-
soressa di economia mi volle interrogare. Interrogazione
scritta. Mi tocco' scrivere le risposte sulla lavagna, quando
potevo benissimo restarmene a casa.
Infine venne il giorno che dovevavno togliermi i ferri di
bocca. Ci sono arrivato senza impazzire, pensai. Ero l'ulti-
mo di una lunga lista. Entrai, iol dentista o qualunque cosa
fosse mi guardo' la bocca e disse: "Ho finito l'anestesia. Ma
ce la possiamo fare lo stesso". Mi dette una pacca sulla spalla
e si dette da fare. Sono sempre stato un tipo fortunato.

Ci sono state altre dolorose conseguenze, ma non voglio
rendere questa storia troppo triste e farvi dimenticare di
quella genete che non mangia perche' non ha niente da mangiare
e di quelle teste rotte dai manganelli degli oppressori.Ri-
cordatevi di questo e fate una risata sulla mia storia.

di:
ALESSANDRO RAMALLI
VIA LIMITE, 78
50013 CAMPI BISENZIO
FIRENZE